La pasta di Trabia

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Un secolo prima che Marco Polo li importasse dalla Cina alla fine del XIII secolo, a Trabia, in Sicilia, si produceva già un tipo di pasta filiforme molto simile agli attuali spaghetti.Ad affidare la paternità della pasta secca, così come la conosciamo noi, al borgo famoso per il suo castello ed il suo mare, distante circa trenta chilometri da Palermo, è il “Libro di Ruggero” del geografo arabo Al Idrisi.Nell’opera composta nel 1154, l’autore racconta che, durante un viaggio in Sicilia, dove è stato scritto il primo libro di cucina, si avventurò nel villaggio di Trabia, caratterizzato da una grande presenza di mulini. Scoprì, così, che qui veniva preparata una pasta filiforme chiamata “triyah”, dall’arabo “itrija”.Nel testo si legge: “A ponente di Termini vi è l’abitato di Trabia, sito incantevole, ricco di acque perenni e mulini, con una bella pianura e vasti poderi nei quali si fabbricano “itrìya” in quantità tale da approvvigionare, oltre ai paesi della Calabria, quelli dei territori musulmani e cristiani, dove se ne spediscono consistenti carichi”.Una volta riscaldata a 40 gradi e fatta asciugare, si stendeva la pasta a sfoglia e la si ritagliava in nastri sottili, modellandola con le mani per ottenere un lungo cordoncino.Stando al racconto del geografo Al Idrisi, gli  antenati degli attuali spaghetti venivano esportati in Calabria, patria della Struncatura, pasta “illegale” adorata dagli chef, e in tutta la Penisola.In particolare la rotta principe fu quella di Genova, visti i legami tra il capoluogo ligure e Trapani. Basti pensare che nel XV secolo il gastronomo Bartolomeo Sacchi parlava di “trie genovesi” o “paste di Genova”.Non stupisce che proprio a Trabia si sviluppò, già nel periodo arabo e poi in quello normanno, una fiorente industria pastaria, dato che qui erano presenti tutte quelle condizioni necessarie per un tale sviluppo.Tra queste, l’abbondanza delle sue acque, la presenza di numerosi mulini e la prossimità alla costa tirrenica, che permetteva di caricare facilmente la pasta sulle imbarcazioni che la trasportavano verso i porti di destinazione più lontani.Fu nel Seicento, però, che la pasta ebbe la sua consacrazione, diventando il cibo principale del Regno di Napoli. C’è anche una curiosa leggenda sulla nascita dei maccheroni napoletani, piatto simbolo della cucina partenopea.

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